Numeri mostruosi per una delle più terribili malattie che può colpire l’uomo.
Stiamo parlando del morbo di Alzheimer che secondo recenti studi conta ad oggi 44 milioni di malati nel mondo e che si prevede che in soli quarant’anni raddoppierà il numero delle persone colpite.
L’Alzheimer fu scoperto nel 1906 dal medico tedesco Alois Alzheimer che diede il nome a questa tremenda patologia.
E’ passato più di un secolo ed ad oggi non si è ancora risusciti a comprendere come si forma ed a trovare un farmaco che possa fermare la patologia o addirittura regredirla.
L’ Alzheimer provoca pian piano la cancellazione del cervello, i suoi ricordi e della sua memoria tanto che il paziente non riesce più a riconoscere neanche i suoi familiari più cari.
L’ Alzheimer si manifesta nella maggior parte dei casi negli esseri umani con un’età superiore ai 65 anni, sono rari nei quali si determina prima ed è una malattia principalmente ereditaria.
Sono tantissime le ricerche che vengono svolte su questo terribile morbo proprio per cercare di contrastare questa patologia che non solo colpisce il malato ma tutta la famiglia.
L’ultimo in ordine di tempo è stato condotto da un team di ricercatori dell’università della California negli Stati Uniti d’America.
Il risultato dello studio dei ricercatori californiani è stato pubblicato dalla prestigiosa rivista medica “Nature Neuroscience” ed ha evidenziato che il cervello umano è in grado di riuscire a combattere i primi attacchi che il morbo di Alzheimer effettua al cervello cercando di contrastare l’insorgenza della malattia.
I ricercatori in particolare hanno notato che quando l’Alzheimer è nella fase iniziale il cervello cerca di compensare le lacune che determina il morbo.
L’ Alzheimer quando si sta formando crea un accumulo di proteine beta-amiloide che iniziano a annientare le cellule ed è in quel momento che il cervello aumenta l’attività proprio per cercare di difendersi dalla malattia.
I medici statunitensi hanno condotto le ricerche studiando il comportamento di 71 pazienti ed hanno potuto verificare che coloro che iniziavano ad avere i primi sintomi del morbo di Alzheimer avevano un’attività cerebrale molto più veloce rispetto a chi non aveva ancora nessun tipo di sintomo della patologia.
Laura Phipps ricercatrice del centro “Ricerca sull’Alzheimer” in Inghilterra ha cosi commentato il risultato degli studi dei colleghi statunitensi: “Questo piccolo studio suggerisce che il nostro cervello può avere modi di resistere al danno precoce da proteine, ma sono necessari ulteriori ricerche per sapere come interpretare questi risultati. Studi a più lungo termine sono necessari per confermare se l’attività cerebrale in più, rilevata in questa ricerca, è un segno del cervello per compensare i danni presto, e se sì, per quanto tempo il cervello possa essere in grado di combattere questo danno”.
Il professore William Jagust che da anni studia l’Alzheimer ha rilasciato le seguenti dichiarazioni sullo studio dell’Università della California: “Penso che sia molto probabile che le persone che trascorrono una vita con attività cognitivamente stimolanti, abbiano cervelli che sono meglio in grado di adattarsi al danno potenziale.”
La riserva cognitiva che è la resistenza che ha il cervello ai danni celebrali, come è il morbo di Alzheimer , fu scoperta nel 1989.
Ora gli studi del team californiano si stanno concentrando proprio su questa autodifesa che ha il cervello che può portare a comprendere come poter riuscire a fermare l’avanzamento in un paziente del terribile morbo di Alzheimer.