Non era mai accaduto nella storia di un pontefice o quanto meno non è mai arrivata notizia nei media di un Pontefice che abbia telefonato ad un devoto della Chiesa. Ad uno universitario in Ingegneria, Stefano Cabizza, ragazzo diciannovenne di Camin, paese della provincia di Padova, domenica 18 agosto ha avuto il pregio di ricevere una telefonata da Papa Francesco. Alla classica domanda “Pronto chi parla?» il giovane era incredulo e ha pensato ad uno scherzo nel sentire «Sono Papa Francesco, diamoci del tu».
Non era però uno scherzo, ma la pura realtà. Il Pontefice ha parlato con il ragazzo in tono molto confidenziale, si direbbe amichevole. «Credi che gli apostoli dessero del Lei a Gesù? O lo chiamassero Sua Eccellenza . Erano amici come lo siamo adesso io e te, e io agli amici sono abituato a dare del Tu».
Queste le parole di Bergoglio a Cabizza per giustificare la sua spontanea vicinanza al ragazzo. Ma come è arrivato il numero di Cabizza in Vaticano? Il 15 agosto il giovane studente ha preso parte con la sua famiglia alla Messa dell’Assunta, celebrata dal Papa a Castel Gandolfo. In quella occasione il ragazzo aveva in tasca una lettera che si augurava poter consegnare al Pontefice. «Onestamente non credevo di riuscirci, ma al termine l’abbiamo messa nelle mani di uno dei venti cardinali che hanno distribuito la Comunione».
Questa è stato il ponte di collegamento tra Cabizza e Papa Francesco che ha deciso di voler contattare il ragazzo e parlare direttamente con lui telefonicamente. Cabizza è un ragazzo di estrema semplicità, credente, appassionato di calcio che nella missiva non ha affatto parlato di storie strappalacrime, di sofferenze, di tragiche situazioni che potevano suscitare compassione e misericordia da parte del Sommo Pontefice.
Ha esternato con estrema semplicità e umiltà il desiderio di conoscere questo Papa così differente dagli altri, il Papa vicino alla gente come mai si era visto e magari poter scambiare con Lui qualche parola, punto di vista proprio in ordine alla fede.
Tanto ha spinto Bergoglio a contattare il ragazzo e trattenersi con lui qualche minuto al telefono.
Abbastanza sorprendente è che il pontefice ha dovuto chiamare due volte a casa del ragazzo perché la prima volta non ha ricevuto alcuna risposta, in casa non c’era nessuno, poi nel ritentare introno alle 17 del pomeriggio di domenica ha chiesto del giovane: «Mi ha chiesto di pregare molto Santo Stefano e di pregare anche per lui stesso, mi ha dato la benedizione e ho sentito una grande forza dentro di me, mi ha dato la voglia di credere in me stesso fino in fondo». La telefonata è durata circa 8 minuti; il ragazzo ha detto che è stato «il giorno più bello della mia vita» un’ «esperienza fantastica» da rendere nota unicamente «per mettere in luce il gesto di grande umiltà e vicinanza a noi fedeli di Papa Francesco».
C’è da dire che il Papa non è nuovo a questi gesti; lo abbiamo d’altronde capito subito che è un personaggio differente dagli altri, un religioso che ha segnato un taglio netto con le tradizioni “altezzose” e rigorose dei Pontefici o comunque di gente di alto prestigioso religioso, un uomo anzitutto che ha voglia di essere vicino e avere stretti contatti con i suoi fedeli.
Ma c’è un altro uomo che ha avuto la grande fortuna di sentire Bergoglio circa una settimana prima, cioè il giorno 8 agosto. La telefonata questa volta era indirizzata a Michele Ferri, quarantenne fratello dell’imprenditore di Pesaro Andrea Ferri, titolare di alcune pompe di benzina ucciso in una rapina. Anche ferri aveva inviato una lettera la Pontefice: «La tua lettera mi ha fatto piangere». Queste sono state le parole di Bergoglio all’affranto Ferri, nella telefonata fatta per esprimere il suo cordoglio e la sua vicinanza sentita maggiormente con quel TU che solo un confidente, una persona vicina può rivolgere ad un altro.