Marta, una donna torinese di 55 anni, ha scelto il suicidio assistito in Svizzera, mantenendo la sua decisione nascosta dai familiari, dopo aver sofferto per la morte del figlio.
Marta, una donna di 55 anni residente a Torino, ha affrontato una profonda depressione dopo il decesso del figlio, vittima di una malattia degenerativa.
La sua lotta interiore l’ha portata a scegliere il suicidio assistito in una clinica a Basilea, in Svizzera. “Già a luglio – ha raccontato l’uomo a Repubblica – mia cognata aveva scoperto che Marta stava andando in una clinica svizzera nella quale si pratica il suicidio assistito.”
La decisione di Marta, presa mentre era in cura da uno psichiatra, è stata tenuta nascosta ai familiari, che non sono stati informati né coinvolti dagli operatori svizzeri nel suo processo.
Prima del suo ultimo momento, Marta ha inviato un sms al suo avvocato con le sue ultime volontà:
“Per favore, vai a casa, stacca le utenze, regala i miei vestiti in beneficenza e affida a mio marito l’urna con le ceneri di nostro figlio”.
Allarmato dall’sms, l’avvocato ha contattato il marito di Marta, un imprenditore residente in Canada. Il marito, ore dopo, ha scoperto una mail dalla clinica svizzera nella sua cartella “spam” della posta elettronica, informandolo della morte della moglie.
Pochi giorni dopo, ha ricevuto l’urna con le ceneri della moglie e il certificato di morte.
Il marito di Marta e i familiari, dopo aver scoperto i piani iniziali di Marta, hanno tentato di intervenire.
“Abbiamo scritto all’associazione spiegando che mia moglie aveva subito un grave lutto, che stava passando un periodo di depressione e che chiedevamo di poter essere messi in contatto con la figura che la stava seguendo nel percorso di suicidio assistito. Non abbiamo mai ricevuto risposta”. Marta, tuttavia, ha proseguito nel suo percorso, completando le pratiche necessarie e pagando 10.700 euro all’associazione. Ha poi intrapreso l’ultimo viaggio in completa solitudine, lasciando i suoi cari all’oscuro fino all’ultimo momento.