La tragedia di Lorenzo Zaretta, morto di tumore al cervello, solleva interrogativi sul ruolo delle emissioni dell’ex Ilva di Taranto nella sua malattia, in un processo che coinvolge ex dirigenti dell’azienda.
Mauro Zaretta, un ex dipendente della Marina e padre di Lorenzo, ha condiviso con “Repubblica” la devastante esperienza vissuta dalla sua famiglia. Lorenzo, diagnosticato con un tumore al cervello in tenera età, ha subito una trentina di interventi chirurgici, che hanno segnato profondamente la sua breve vita e quella dei suoi cari.
Mauro ricorda come, inizialmente, non avesse collegato la malattia del figlio all’inquinamento di Taranto, finché non emerse lo studio Sentieri, che evidenziava la correlazione tra l’inquinamento della città e l’insorgenza di patologie oncologiche.
“Lorenzo ha iniziato a perdere peso tra il primo e il secondo mese di vita… È stato un periodo scandito da una trentina di interventi dovuti ai danni collaterali del tumore”, ha detto Mauro, sottolineando il lungo e doloroso percorso affrontato.
Dopo la morte di Lorenzo, ulteriori esami hanno rivelato la presenza di elevate quantità di polvere di minerale nel cervello del bambino, un dettaglio che ha aggiunto ulteriori dubbi sulla causa effettiva della sua malattia. Questo tragico esito ha spinto Mauro a interrogarsi ancora di più sul legame tra l’ambiente inquinato di Taranto e la salute dei suoi abitanti, portando alla luce la questione della responsabilità delle autorità e delle industrie nell’assicurare la sicurezza e la salute pubblica.
Mauro Zaretta non ha risparmiato critiche nei confronti della politica, accusata di non aver adottato misure efficaci per proteggere la popolazione dall’inquinamento. Nonostante i colloqui con figure politiche, tra cui Di Maio, e nonostante il pesante fardello economico che la malattia di Lorenzo ha rappresentato per il sistema sanitario, Mauro percepisce una mancanza di volontà politica di affrontare seriamente il problema. “Lorenzo, infatti, è costato un milione e mezzo al sistema sanitario. È palese – conclude l’uomo – che la volontà politica sia di tenere aperta la fabbrica valutando che quello che può causare sono danni collaterali accettabili”, esprime con amarezza, sottolineando il costo umano e finanziario dell’inquinamento.