Il cantautore e insegnante Roberto Vecchioni si è distinto per la sua presa di posizione emotiva e critica nei confronti del trattamento riservato agli studenti durante un corteo pro-Palestina a Pisa.
Durante la sua apparizione nella trasmissione “In altre parole” su La7, Vecchioni non ha nascosto la sua commozione di fronte alle immagini degli studenti colpiti da manganellate, sottolineando come tali eventi siano inaccettabili in una società che si professa democratica e rispettosa dei diritti individuali. La sua dichiarazione, “Non sono cose da vedere, sono cose che non possono succedere. Noi non siamo così”, riflette un profondo disagio verso la crescente normalizzazione della violenza nei confronti dei giovani che esercitano il loro diritto di manifestare.
La questione ha suscitato l’attenzione al più alto livello istituzionale, con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha espressamente chiamato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per esprimere preoccupazione per l’uso della forza contro gli studenti. La posizione di Mattarella, che sostiene come “l’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni”, pone le basi per una riflessione critica sull’approccio alle manifestazioni pubbliche.
La mobilitazione degli studenti, culminata con lo striscione esposto sul Ponte di Rialto a Venezia che condanna le manganellate e chiede la fine della repressione, evidenzia una crescente preoccupazione per le libertà civili in Italia. Le dichiarazioni di solidarietà da parte di organizzazioni studentesche e la critica aperta al governo e alla gestione dell’ordine pubblico da parte del ministro Piantedosi mostrano un’ampia contrarietà alle pratiche repressive, sottolineando l’esigenza di un dialogo costruttivo e del rispetto dei diritti fondamentali.
Questi episodi riflettono tensioni profonde nella società italiana riguardo al bilanciamento tra sicurezza e libertà, sollecitando un dibattito urgente e necessario sulle modalità con cui lo Stato intende rispondere alle espressioni di dissenso, soprattutto quando queste provengono da giovani e studenti che rappresentano il futuro del paese.