Dopo anni di sintomi minimizzati, una bambina di 11 anni viene diagnosticato un tumore cerebrale avanzato, sollevando questioni critiche sulla diagnosi precoce e l’attenzione medica.
La piccola, residente a Northampton nel Regno Unito, ha mostrato i primi segnali di malessere durante la pandemia di Covid-19, con sintomi ricorrenti come nausea e mal di testa. Nonostante frequenti visite mediche, i suoi disturbi sono stati ripetutamente attribuiti a problemi meno gravi. Imogen Darby, la madre della bambina, ha condiviso la frustrazione e la paura di vedere sua figlia soffrire senza un’adeguata diagnosi: “Le è stato prescritto il paracetamolo per fermare l’emicrania e consigliato di cambiare gli occhiali ben quattro volte.”
Con il passare del tempo, i sintomi sono peggiorati fino a influenzare la capacità della bambina di camminare e mantenere l’equilibrio. Solo dopo essere stata ricoverata d’urgenza al Northampton General Hospital, una tac ha rivelato la presenza di un astrocitoma pilocitico di oltre tre centimetri, un tipo comune di tumore al cervello nei bambini. Successivamente, è stata trasferita al Queen’s Medical Center di Nottingham, dove i medici sono riusciti a rimuovere il 96% del tumore in un’operazione che è durata 10 ore.
Nonostante il successo dell’intervento, la famiglia Darby ora si trova di fronte a un percorso di controlli continui per monitorare la salute della bambina. La madre ha esprimto sollievo misto a dolore: “È stata una giornata orribile, ma sono grata ai medici che hanno operato mia figlia. Ora speriamo in una piena ripresa.” La vicenda ha sollevato importanti questioni sulla necessità di ascoltare attentamente i pazienti e considerare tutte le possibili diagnosi, soprattutto quando i sintomi persistono e si aggravano nel tempo.