Paziente muore per una trasfusione infetta, i parenti risarciti dopo ben 58 anni

Riconoscimento per danni dopo 58 anni per una donna di Avezzano

La sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila

Dopo oltre 58 anni, la Corte d’Appello dell’Aquila ha deciso di riconoscere un risarcimento di un milione di euro per il caso di una donna di Avezzano, morta nel 2009.

La donna, Marilena (nome di fantasia), era stata sottoposta a trasfusioni di sangue all’ospedale di Avezzano nel 1966. In un primo momento, nel 2021, il tribunale dell’Aquila aveva negato il riconoscimento del danno biologico permanente richiesto dagli eredi della donna.

La decisione del tribunale è stata poi ribaltata dalla Corte d’Appello, che ha accolto il ricorso proposto dagli eredi, riconoscendo il danno subito dalla donna.

La ricostruzione dei fatti

Nel 1966, dopo un parto, Marilena fu sottoposta a diverse trasfusioni di sangue presso l’ospedale di Avezzano. Solo nel 2017, gli eredi della donna, preoccupati dalle notizie di decessi per malattie infettive, decisero di indagare sulla morte della madre avvenuta 18 anni prima a causa di epatite C.

Gli eredi si rivolsero all’avvocato Cristian Carpineta del foro di Avezzano, che, dopo una complessa ricostruzione delle cartelle cliniche incomplete del 1966 e quelle relative alla morte del 2009, citò in giudizio il Ministero della Salute.

L’avvocato sosteneva che l’epatocarcinoma e la cirrosi della donna fossero conseguenze dirette delle trasfusioni di sangue infette dal virus dell’epatite C. Tuttavia, il tribunale dell’Aquila rigettò inizialmente la domanda degli eredi, basandosi su un orientamento della Suprema Corte secondo cui non si configura la condizione di invalidità permanente quando la persona muore a causa di una patologia che ha già aggredito la sua salute.

La decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello dell’Aquila ha accolto il ricorso degli eredi, affermando che fosse necessario considerare la reale natura del danno subito dalla persona ammalata e poi deceduta, trasmesso successivamente agli eredi. Secondo la giurisprudenza, il danno biologico permanente include non solo la lesione dell’integrità psicofisica, ma anche l’aumento del rischio di contrarre malattie in futuro o di morte prematura.

Gli avvocati del Ministero della Salute si erano opposti al riconoscimento del danno, sostenendo che la legge che istituisce il risarcimento per contagio fosse stata promulgata nel 1967, mentre il caso della donna risaliva al 1966.

Tuttavia, i giudici hanno ribadito che il danno alla salute deve essere riconosciuto se il danneggiato ha visto pregiudicate in qualunque modo le proprie attività quotidiane. Con questa sentenza, la Corte ha finalmente riconosciuto il diritto degli eredi a ottenere giustizia per il danno subito dalla loro madre mentre era ancora in vita.