Jannik Sinner, numero 1 del ranking mondiale, ha affrontato il periodo più buio della sua carriera a causa di un’accusa di doping. Ora racconta la sua lotta personale.
Tutto è iniziato con una telefonata nella sua casa a Montecarlo. Jannik Sinner, in una lunga intervista a Esquire UK, ha raccontato il momento in cui il suo manager, Alex Vittur, gli ha comunicato l’accusa di doping:
“Alex mi chiama e dice: ‘Jannik, sei positivo’. Io rispondo: ‘Sì, sono sempre positivo’. Ma lui aggiunge: ‘No, sei positivo al doping’. Ho avuto un momento di buio totale. Non sapevo cosa dire”.
Questa rivelazione ha dato inizio a un periodo di angoscia e isolamento per il giovane tennista, che si è trovato a lottare contro un’accusa capace di compromettere tutta la sua carriera.
Sinner ha vissuto settimane di isolamento emotivo, senza potersi confidare con nessuno. Nonostante la certezza della propria innocenza, il peso dell’incertezza lo ha travolto:
“È stato un periodo difficile, non potevo parlarne con nessuno. Non potevo sfogarmi o chiedere aiuto. Anche se ero certo della mia innocenza, sapevo quanto fosse complesso dimostrarlo. La mia angoscia si rifletteva in campo. A Wimbledon ero pallido, avevo paura. Ero diffidente, sospettavo di tutti”.
Questa crisi si è ripercossa sul suo gioco, rendendo evidenti segnali di nervosismo e insicurezza anche agli occhi del pubblico.
Il 20 agosto Sinner è stato prosciolto dall’accusa legata al caso Clostebol, ma la vicenda non si è conclusa: la WADA ha presentato ricorso e il campione attende ulteriori sviluppi. Nonostante ciò, ha trovato il modo di crescere personalmente e professionalmente.
“Ho iniziato a lavorare molto su me stesso. Conoscere se stessi è fondamentale, e ci ho lavorato con Riccardo Ceccarelli, il mio psicologo sportivo. Ho imparato ad accettare i miei errori e a usarli per migliorare. Prima sprecavo troppe energie mentali, ora cerco di focalizzarmi su ciò che conta davvero”.