Intervista a Gianni Rezza, infettivologo ed epidemiologo, sulle recenti preoccupazioni riguardo al focolaio in Congo. “Non si esclude nulla, ma servono dati certi”.
La notizia di un nuovo focolaio in Congo ha sollevato interrogativi tra gli esperti di tutto il mondo. Secondo Gianni Rezza, infettivologo ed epidemiologo del San Raffaele ed ex dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità, ci troviamo in un momento di grande incertezza. “Chi dice che è un problema banale e chi pensa che sia l’inizio di una pandemia tira una monetina. La probabilità è 50/50”, spiega.
I sintomi riportati fanno pensare a un problema respiratorio, ma la letalità è elevata, soprattutto tra i bambini sotto i cinque anni, una circostanza particolarmente preoccupante. Rezza ipotizza che potrebbe trattarsi di una febbre emorragica, anche se in Congo le autorità sanitarie hanno esperienza nel riconoscere e gestire queste malattie.
“Se si tratta di un virus conosciuto, i laboratori locali potranno identificarlo”, afferma Rezza. Tuttavia, se si trattasse di un agente patogeno nuovo, potrebbe essere necessario inviare i campioni a centri specializzati, come quelli di Atlanta.
Rezza paragona l’attuale situazione ai primi giorni del Covid-19: “In Europa o Asia un focolaio simile farebbe scattare un’allerta immediata. In Africa, invece, eventi di questo tipo sono più comuni a causa delle condizioni sanitarie e della debolezza della popolazione. Tuttavia, la maggiore attenzione internazionale grazie al sistema di allerta globale creato durante la pandemia da Covid ha permesso di portare questo caso sotto i riflettori”.
Le dinamiche delle malattie emergenti stanno cambiando a causa dell’aumento delle interazioni uomo-animale e della velocità degli spostamenti globali. “Monitoriamo l’influenza aviaria da vent’anni, ma non ha mai preso piede nell’uomo. In Africa, invece, l’emergere di nuove patologie pone rischi immediati, anche se localizzati”, conclude Rezza.