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Open Arms, Salvini dopo l’assoluzione, “Io non riesco ad augurarmi di vedere Renzi, Schlein o Conte in galera”

Salvini: “Una politica seria sull’immigrazione è doverosa”. Dopo l’assoluzione nel caso Open Arms, soddisfazione e messaggi trasversali

Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, ha commentato l’assoluzione nel processo Open Arms con parole che riflettono soddisfazione e determinazione: “Sono stati tre anni impegnativi, ma è il riconoscimento che una politica seria di contrasto all’immigrazione clandestina non solo è legittima ma è doverosa”. La sentenza, che ha respinto le accuse di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, è stata accolta come “giusta e attesa” dal leader della Lega.

Soddisfazione e reazioni politiche

Salvini ha sottolineato il costo elevato del processo, stimato in milioni di euro, e ha accennato alla possibilità di un appello da parte della Ong coinvolta, definendo “musi lunghi” le reazioni della controparte. Ha anche rivelato di aver ricevuto messaggi di solidarietà da politici di vari schieramenti, compresi esponenti della sinistra: “Un conto è la battaglia politica, un conto è volere il male degli altri. Io non riesco ad augurarmi di vedere Renzi, Schlein o Conte in galera”.

Una prova oltre la politica

Salvini ha descritto il caso non come una sfida interna al governo, ma come un confronto contro forze esterne: “Era una prova nei confronti di associazioni straniere finanziate da personaggi come Soros, che puntano alla distruzione della nostra identità”. Ha inoltre ringraziato la premier Giorgia Meloni per essere stata tra i primi a congratularsi con lui.

Un messaggio di conferma

Il leader della Lega ha affermato che l’assoluzione dimostra la legittimità delle sue azioni da ministro dell’Interno: “Un tribunale ha riconosciuto che ho fatto il mio lavoro”. Ha anche accennato a come la sentenza liberi il campo da pregiudizi su un suo eventuale ritorno al Viminale, pur ribadendo la sua fiducia nell’attuale ministro Piantedosi: “Al Viminale c’è un amico, un fratello, e non corro per sostituirlo”.

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Francesco Paolo Antonicelli