Caso Almasri, la lettera di due sopravvissuti: “L’Italia ha le mani intere sepolte nei crimini in Libia”
David Yambio e Lam Magok, ex detenuti delle milizie libiche, scrivono a Giorgia Meloni e ai ministri del governo: “Liberato il nostro torturatore, ci avete tradito”.
L’appello delle vittime: “Giustizia negata”
“Credevamo nell’Italia, in un Paese che parlava di giustizia e diritti umani. Ma la giustizia non ci è stata data. Abbiamo invece assistito alla liberazione dell’uomo che ci ha torturato.”
Con queste parole, David Yambio e Lam Magok, due sopravvissuti ai campi di prigionia libici, si rivolgono direttamente alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al Ministro della Giustizia Carlo Nordio, al Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e al Sottosegretario Alfredo Mantovano.
I due firmatari sono tra le innumerevoli vittime del generale libico Osama Njeem Almasri, accusato di crimini contro l’umanità e ricercato dalla Corte Penale Internazionale per le torture inflitte ai migranti nel famigerato carcere di Mitiga, gestito dalla milizia islamista Rada.
Dopo il suo arresto in Italia il 19 gennaio, la Corte d’Appello di Torino ha dichiarato il fermo “non conforme alle procedure legali”, disponendone la scarcerazione. Solo due giorni dopo, Almasri è stato riportato in Libia con un volo di Stato, una decisione che ha scatenato un’inchiesta da parte della Procura di Roma.
Le accuse all’Italia e il ruolo negli accordi con la Libia
Nella lettera, i due sopravvissuti non si limitano a chiedere spiegazioni sul rilascio di Almasri, ma denunciano il coinvolgimento dell’Italia nei crimini contro i migranti in Libia.
“Ora sappiamo che l’Italia non ha solo le dita in Libia, ma ha le mani intere sepolte nei suoi affari”, scrivono Yambio e Magok, accusando il governo italiano di sostenere, finanziare e proteggere il sistema di detenzione e sfruttamento dei migranti in Libia.
Il riferimento è al Memorandum Italia-Libia, siglato nel 2017 e rinnovato nel tempo, che prevede il supporto economico e logistico alla Guardia Costiera libica per intercettare i migranti e riportarli nei centri di detenzione.
Secondo numerosi rapporti di ONG e organizzazioni internazionali, la Guardia Costiera libica collabora con i trafficanti di esseri umani, tra cui lo stesso Almasri, e sottopone i migranti a violenze sistematiche. Amnesty International e Human Rights Watch hanno più volte denunciato come nei centri di detenzione libici, ufficiali.
Le richieste: “L’Italia risponda delle sue scelte”
Nella lettera, i due sopravvissuti pongono domande precise:
- Perché un criminale ricercato a livello internazionale è stato liberato?
- Quali misure verranno prese per garantire giustizia alle vittime?
- Come può l’Italia continuare a finanziare un sistema che perpetua tali violenze?
Yambio e Magok chiedono la cessazione immediata degli accordi con la Libia, il rilascio dei detenuti nei campi di prigionia e la creazione di canali legali per i migranti intrappolati. Inoltre, sollecitano la riapertura dell’Ambasciata Italiana a Tripoli per il rilascio di visti umanitari e una spiegazione ufficiale sul caso Almasri.
“La giustizia non può essere selettiva. Non può servire i potenti mentre gli impotenti vengono scartati. L’Italia deve rispondere delle sue scelte.”
Un caso che scuote la politica italiana
Mentre la lettera accende i riflettori sul ruolo dell’Italia nei crimini contro i migranti in Libia, l’inchiesta della Procura di Roma sul caso Almasri ha già aperto uno scontro politico durissimo.
L’opposizione attacca il governo Meloni, accusandolo di aver favorito il ritorno in libertà di un criminale. Il centrodestra, invece, difende la scelta dell’esecutivo, parlando di “attacco politico” da parte della magistratura e ribadendo la necessità di fermare l’immigrazione irregolare.