Ilaria Salis attacca Giorgia Meloni: “Il CPR in Albania è un campo di concentramento contemporaneo”
La deputata europea di Avs definisce il centro per migranti a Gjader “una prigione coloniale”. Dure le sue parole contro il governo Meloni.
La denuncia di Ilaria Salis
Ancora un intervento al vetriolo da parte dell’eurodeputata Ilaria Salis, che torna a criticare le politiche migratorie del governo. Stavolta nel mirino finisce il CPR di Gjader, in Albania, struttura parte dell’accordo tra Roma e Tirana per la gestione esterna di parte dei flussi migratori.
“Il CPR italiano a Gjader, in Albania, è il primo campo di concentramento e deportazione extra-territoriale dell’Europa contemporanea. Un gran bel primato del nostro governo!”, scrive Salis sui propri canali social, riprendendo le osservazioni di alcune organizzazioni legali. “Come scrive l’ASGI, si tratta di ‘un salto di scala nelle politiche migratorie’ che apre scenari inediti e inquietanti nel contesto europeo”.
Le critiche alla gestione dei migranti
Salis non usa mezzi termini nel definire “prigione coloniale” il centro in terra albanese: “In questa prigione coloniale viene rinchiusa quell’umanità in eccesso di cui, purtroppo, non solo le peggiori destre vogliono sbarazzarsi”. E aggiunge: “Se è già inaccettabile che esseri umani vengano privati della libertà senza aver commesso alcun reato, oggi si aggiunge un’ulteriore violenza: alcuni di loro, per alimentare la propaganda razzista, vengono deportati all’estero. In mezzo al nulla”.
Salis lamenta anche la perdita di accesso a diritti fondamentali: “Lontani anche da quel poco che l’Italia poteva ancora offrire. Dall’assistenza legale. Dalle cure mediche. Dalle associazioni. Dalla solidarietà possibile di chi vive nello stesso Paese che li sta espellendo”.
Appello finale e polemica politica
Nel suo messaggio, Salis chiude con un appello alla mobilitazione: “Non rendiamoci complici con il nostro silenzio. Non accettiamo. Protestiamo. In nome dell’umanità, in nome dell’eguaglianza. No ai CPR. Né in Albania, né in Italia, né altrove”.
Parole che accendono inevitabilmente il dibattito politico. L’accusa di aver creato un “campo di deportazione” è destinata a suscitare reazioni durissime. Il governo non ha ancora replicato ufficialmente.