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Caso Cecchettin, la famiglia: “Il no alla crudeltà per Turetta è la 76esima coltellata”

I famigliari di Giulia Cecchettin esprimono amarezza per l’assenza dell’aggravante della crudeltà nella sentenza di condanna a Filippo Turetta.

Famiglia Cecchettin durissima: “Un altro colpo inferto a Giulia”

La pubblicazione delle motivazioni della sentenza che ha condannato Filippo Turetta ha riaperto ferite ancora aperte per la famiglia di Giulia Cecchettin. In particolare, l’assenza dell’aggravante della crudeltà ha suscitato profonda delusione e rabbia. A esprimere il dolore della famiglia è stato Andrea Camerotto, zio materno della ragazza, durante un intervento pubblico presso l’Università di Padova, dove si è svolta la consegna di un premio alla memoria della studentessa.

Questa è la 76esima coltellata inferta a Giulia”, ha detto Camerotto, riferendosi alle motivazioni della sentenza che non riconoscono nella brutale uccisione elementi sufficienti per configurare la crudeltà come aggravante, nonostante le 75 coltellate inferte. I giudici hanno specificato che l’atto è stato compiuto da una persona “inesperta nell’uso del coltello come arma”, definizione che la famiglia ha accolto con sgomento.

La crudeltà in questo femminicidio c’è eccome”, ha aggiunto Camerotto. “Anche alla luce del bene che Giulia ha sempre dimostrato a Filippo. Parlano poi di inabilità: mi chiedo se, qualora dovesse ripetere un simile atto, sarà allora considerato esperto visto che la prima volta era inesperto e inadeguato”.

Gino Cecchettin: “Quelle parole hanno aggiunto dolore su dolore”

Alle parole dello zio si sono aggiunte quelle di Gino Cecchettin, padre di Giulia, che ha definito il linguaggio usato nelle motivazioni della sentenza “una fonte di ulteriore sofferenza”. “Non ci si aspettano motivazioni simili”, ha dichiarato, sottolineando quanto le parole, nel contesto di una tragedia come quella vissuta dalla sua famiglia, possano amplificare il dolore.

Se ancora contiamo le ragazze vittime di femminicidio, significa che c’è moltissimo da fare”, ha aggiunto Cecchettin, ribadendo l’importanza dell’uso responsabile del linguaggio nel discorso pubblico e giudiziario: “Ne basta una per fare la differenza tra empatia e distacco, tra odio e amore, tra pace e guerra”.

La famiglia ha ribadito la volontà di continuare a battersi affinché la memoria di Giulia possa contribuire alla lotta contro la violenza di genere e affinché casi come il suo non vengano mai più minimizzati, nemmeno nei termini delle motivazioni giudiziarie.