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Il cardinale Repole contro la gestione dei migranti: “Immagini inaccettabili, ferita all’umanità”

“Portare via migranti in manette è una ferita profonda. Non possiamo accettarlo”, ha detto il cardinale Repole, criticando l’accordo Italia-Albania e i CPR.

Repole: “Migranti trattati come criminali, è inaccettabile”

Parole forti quelle pronunciate dal cardinale Roberto Repole, arcivescovo di Torino, durante un’intervista rilasciata alla Tgr Piemonte nella Domenica delle Palme. Il porporato ha espresso profondo dissenso verso le modalità con cui l’Italia sta gestendo la questione migratoria, soffermandosi in particolare sul centro per migranti di Gjader, in Albania, attivato in base a un accordo bilaterale firmato nel 2023.

Quando vedi migranti condotti via con le manette, hai la sensazione che c’è un pezzo di umanità che viene ferito profondamente. Non possiamo rassegnarci a questo”, ha dichiarato Repole, sottolineando le implicazioni morali della vicenda. “Ci sarà un giudizio di coloro che verranno dopo di noi e, per i credenti, c’è anche il giudizio del Signore”.

Il centro albanese è una delle due strutture previste dall’intesa sottoscritta dal governo guidato da Giorgia Meloni, con il sostegno del vicepremier Matteo Salvini. Gli impianti, nati per trattenere fino a 3.000 migranti ogni mese, sono stati più volte criticati da organizzazioni umanitarie e giuristi. Diversi tribunali italiani hanno sollevato dubbi sulla legalità dei trasferimenti, evocando violazioni delle norme internazionali.

Critiche all’accordo con l’Albania e riapertura del CPR

Il cardinale Repole ha evidenziato anche la riapertura del CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio) di Torino, su cui ha espresso una speranza moderata: “Spero che venga vissuto in termini umani”. Ma il messaggio dell’arcivescovo appare inequivocabile: la gestione dei migranti, ridotta a una questione di sicurezza, rischia di compromettere i valori fondanti della solidarietà e dell’accoglienza.

L’accordo tra Italia e Albania si inserisce in una strategia di controllo migratorio che, secondo molti osservatori, richiama politiche già viste in altri Paesi occidentali. I centri albanesi, insieme ai CPR sparsi sul territorio nazionale, rappresentano un approccio securitario che ha sollevato polemiche e acceso il dibattito sull’etica delle scelte governative.

Un richiamo ai valori del cristianesimo

Il discorso di Roberto Repole è anche un invito a rileggere il Vangelo alla luce dell’attualità. “Accogliere lo straniero”, ha ricordato implicitamente il prelato, “è un dovere non negoziabile per chi si riconosce nella fede cristiana”. L’uso delle manette per i migranti, secondo Repole, non è solo una questione amministrativa o politica, ma rappresenta una “ferita al cuore” dell’identità cristiana.

Un messaggio rivolto anche a quei credenti che, pur dichiarandosi tali, sembrano accettare un sistema che esclude e marginalizza. Il pensiero dell’arcivescovo di Torino si oppone a una narrazione sempre più diffusa che tende a criminalizzare chi fugge da guerre, povertà e persecuzioni.