Papa Francesco è il giallo del caso Orlandi, la frase pronunciata al fratello Pietro, “Emanuela è in cielo”
Dalla frase “Emanuela è in cielo” all’apertura dell’inchiesta vaticana: il Papa argentino ha rotto un tabù rimasto intatto per 40 anni.
Un gesto che ha cambiato la storia del caso Orlandi
ROMA – Con la morte di Papa Francesco, si chiude un pontificato segnato da profondi cambiamenti e da scelte inedite. Tra queste, la più dirompente sul piano simbolico e giudiziario è stata senza dubbio l’apertura, per la prima volta nella storia della Santa Sede, di un’inchiesta ufficiale sul caso di Emanuela Orlandi, la quindicenne cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno 1983.
La vicenda, uno dei più oscuri misteri italiani e vaticani, sembrava destinata a rimanere confinata tra speculazioni e silenzi. Ma Francesco, già pochi giorni dopo la sua elezione, lasciò intendere che la questione gli stava a cuore. Era il 18 aprile 2013, quando all’uscita dalla parrocchia di Sant’Anna, incontrò i familiari di Emanuela. «Mi ha stretto la mano e ha detto: “Emanuela è in cielo”», raccontò allora Pietro Orlandi, fratello della ragazza. Una frase mai confermata dal Papa, che ha alimentato per anni sospetti, letture simboliche e polemiche.
L’inchiesta vaticana e l’effetto a catena
Dopo anni di silenzio pubblico sul tema, il 9 gennaio 2023, Papa Francesco diede l’autorizzazione all’apertura di una vera e propria inchiesta giudiziaria in Vaticano. A condurla è stato il promotore di giustizia Alessandro Diddi, con un mandato chiaro: fare piena luce sulla scomparsa della giovane cittadina vaticana. Era la prima volta che la Chiesa si assumeva ufficialmente un ruolo investigativo sul caso, storicamente lasciato alla sola magistratura italiana.
Quella decisione ebbe un effetto domino: poco dopo, anche la Procura di Roma, sotto la guida del pm Stefano Luciani, riaprì il fascicolo. Nel 2024, fu il turno del Parlamento italiano, che istituì una commissione bicamerale d’inchiesta ancora attiva a Palazzo San Macuto. Il quarantennale della scomparsa, nel giugno 2023, fu l’occasione per un altro gesto pubblico del Papa: «Voglio esprimere la mia vicinanza ai familiari di Emanuela Orlandi, soprattutto alla mamma», dichiarò all’Angelus.
Becciu, i dossier e la frattura con il passato
L’iniziativa di Francesco ha segnato una discontinuità netta con il passato. Nel 2017, fu il cardinale Angelo Becciu, allora alla Segreteria di Stato, a chiudere il discorso pubblicamente: «Per noi il caso Orlandi è chiuso. Abbiamo già dato tutti i chiarimenti. Non possiamo che solidarizzare con la famiglia». La riapertura vaticana del 2023 suonò come una smentita diretta a quella linea, e spiazzò ambienti interni al Vaticano.
A distanza di quarant’anni, resta il mistero su possibili dossier interni, su presunti coinvolgimenti di servizi segreti, faccendieri, criminalità organizzata e membri delle gerarchie ecclesiastiche. Ma con l’iniziativa di Francesco, il Vaticano ha per la prima volta lasciato uno spiraglio verso la trasparenza, accogliendo l’urgenza di verità richiesta da decenni dall’opinione pubblica.
L’eredità del Pontefice e il compito del successore
Con la morte di Jorge Mario Bergoglio, dopo Wojtyla e Ratzinger, se ne va il terzo Papa coinvolto, direttamente o indirettamente, nel più torbido dei gialli italiani. Ma è l’unico che ha scelto di aprire formalmente una via istituzionale per accertare i fatti.
Ora la responsabilità passa al suo successore, che si troverà tra le mani non solo un’inchiesta vaticana ancora aperta, ma anche una forte aspettativa di giustizia da parte dei familiari, dei cittadini e dei tanti che da quarant’anni cercano la verità su Emanuela Orlandi. Con Papa Francesco, la direzione è stata finalmente tracciata. Spetterà al nuovo Pontefice portarla a compimento.