“In Italia si muore per educare”, l’accusa di Vittorio Feltri dopo la strage di Monreale
Il giornalista interviene sulla triplice esecuzione in Sicilia: «La violenza nasce dall’assenza di educazione. Ragazzi cresciuti senza limiti e con l’ossessione di comandare»
Una semplice richiesta di rispetto. Un invito a rallentare. È bastato questo per scatenare una sparatoria nel centro di Monreale. Tre ragazzi – Andrea Miceli, Salvatore Turdo e Massimo Pirozzo, tutti tra i 24 e i 26 anni – sono stati freddati con 18 colpi di pistola da un gruppo di coetanei che sfrecciavano a tutta velocità su tre moto. Un’esecuzione in piena regola per aver difeso le buone maniere.
A commentare con parole durissime è Vittorio Feltri, editorialista e fondatore di Libero, che in una lettera aperta afferma:
«Siamo arrivati al punto che non si può nemmeno più fare un richiamo educato, altrimenti ti ammazzano. Questa è l’Italia dove un invito al rispetto diventa una provocazione da punire col sangue».
Feltri: «Cresciuti senza regole, incapaci di distinguere uno sgarbo da un insulto»
Feltri punta il dito contro la deriva culturale ed educativa che, a suo dire, sta alimentando un clima sempre più pericoloso tra le giovani generazioni:
«Questi criminali non riescono a sopportare nemmeno l’idea di un limite. Hanno dentro una rabbia che aspetta solo l’occasione per esplodere. E la scuola, le famiglie, le istituzioni, dove sono?», scrive.
Il giornalista, che ha spesso denunciato il degrado sociale legato alla violenza giovanile, non risparmia stoccate neppure alla classe politica:
«Ci riempiamo la bocca con il rispetto delle regole, ma poi lasciamo che una generazione cresca nell’anarchia morale. Così diventano padroni della strada, della notte, della vita e della morte altrui».
Educare è diventato pericoloso
Quanto accaduto a Monreale, secondo Feltri, segna un punto di non ritorno:
«Non si può morire per aver detto: “Rallentate”. Non si può morire per aver tentato di fare la cosa giusta. E invece oggi chi prova a richiamare un giovane viene trattato da nemico. Si vive nella paura di educare, perché educare è diventato pericoloso».
Il giornalista descrive la strage come un sintomo di un male più profondo:
«La violenza esplode quando non c’è un codice morale condiviso. E questo vuoto è colpa nostra. Di una società che non punisce più l’arroganza, che giustifica l’aggressività, che non insegna il rispetto».
La richiesta: «Servono pene esemplari, ma anche una svolta culturale»
Nel suo intervento, Feltri chiede allo Stato non solo giustizia rapida ed esemplare, ma anche un cambio di rotta educativo:
«La galera non basta. Serve educazione, cultura, civiltà. Serve far capire che la legge non è un’opinione. Che la vita umana non si spezza per un richiamo. Che chi uccide per vendetta o per sfida deve marcire in carcere, ma soprattutto deve essere cresciuto in modo che non arrivi mai a sparare».