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Trump celebra i primi 100 giorni di mandato con un comizio: “Mi piacerebbe diventare Papa”

Trump difende le misure protezionistiche e attacca Biden, mentre rallenta l’economia statunitense e la tensione commerciale con la Cina si acuisce.

Trump rivendica le sue scelte economiche e rilancia la linea dura

Donald Trump ha celebrato i primi 100 giorni del suo secondo mandato con un comizio in Michigan, trasformando l’evento in un vero e proprio show dal sapore elettorale. In un’intervista rilasciata alla ABC poco prima dell’intervento pubblico, l’ex tycoon ha ironizzato: “Mi piacerebbe essere Papa. Sarebbe la mia prima scelta”, suggerendo poi che l’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, potrebbe essere un candidato ideale per succedere a Papa Francesco.

Nel corso del discorso, Trump ha tracciato un bilancio positivo della sua amministrazione: “Abbiamo appena vissuto i 100 giorni più straordinari di qualsiasi presidenza americana”. Tuttavia, un sondaggio condotto dalla stessa ABC indica un consenso al 39%, il più basso registrato dopo i primi 100 giorni di un presidente dagli anni Trenta. Nonostante ciò, ha ribadito la legittimità delle sue scelte politiche, definendole frutto di “buon senso”, e ha bollato l’opposizione democratica come “un gruppo di lunatici in cerca di un altro impeachment”.

Commercio e immigrazione: le posizioni del presidente

Durante il comizio, Trump ha riservato critiche particolarmente aspre al presidente Joe Biden, accusandolo di “aver distrutto Detroit per costruire Pechino”. Ha promesso una “nuova età dell’oro” per l’America, puntando su manifattura nazionale, protezionismo economico e rigidi controlli alle frontiere. Sul tema immigrazione, ha affermato: “Solo tre persone sono entrate illegalmente al confine con il Messico. Congratulazioni America!”. Una dichiarazione che contrasta con i dati ufficiali, secondo cui le espulsioni sono in realtà inferiori rispetto al periodo Biden.

Le tensioni sono aumentate anche a livello diplomatico. Trump, parlando dei dazi contro la Cina, ha dichiarato: “Lo meritano”, riferendosi all’attuale livello delle tariffe, arrivato fino al 145%. La posizione del presidente è che il mondo abbia approfittato degli Stati Uniti per troppo tempo. “Quasi tutti i Paesi del mondo ci derubavano. Ora non lo fanno più”, ha affermato. E se da Washington si parla di possibili nuovi accordi, da Pechino arriva una smentita: “Non ci sono negoziati in corso, né consultazioni”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Guo Jiakun.

Economia in rallentamento e tensioni con le imprese

Nonostante il tono trionfalistico, i principali indicatori economici raccontano una realtà più complessa. Nel primo trimestre dell’anno, il PIL statunitense ha segnato una crescita dello 0,3%, la fiducia dei consumatori è ai minimi dalla pandemia e i dati di Wall Street sono i peggiori dal 1974. Il comparto manifatturiero è in difficoltà e, secondo alcune indiscrezioni, Amazon starebbe valutando di esplicitare l’impatto dei dazi sui prezzi dei prodotti, provocando l’ira della Casa Bianca. Secondo la CNN, Trump avrebbe telefonato a Jeff Bezos con “toni molto arrabbiati”.

Il segretario al Tesoro, Scott Bessent, ha cercato di rassicurare l’opinione pubblica parlando di “incertezza strategica” e annunciando l’avvio di nuovi accordi commerciali con India, Brasile, Indonesia e Vietnam. Tuttavia, il traffico merci con la Cina ha già subito un calo del 60% e potrebbe registrare un’ulteriore flessione del 30% nella prima settimana di maggio.

Infine, il settore automobilistico – particolarmente sensibile in Michigan – è stato al centro del discorso di Trump, che ha confermato il dazio del 25% sulle auto importate e promesso incentivi per riportare la produzione negli Stati Uniti. Le case automobilistiche riceveranno rimborsi sulle componenti importate: fino al 3,75% del valore del veicolo il primo anno, e al 2,5% il secondo. “Gli diamo un po’ di tempo, poi li massacreremo se non lo faranno”, ha concluso il presidente.

Il confronto con la Cina, più che una tattica negoziale, sembra assumere contorni sempre più rigidi, contribuendo a una crescente incertezza nei mercati internazionali e nel commercio globale.