Ilva di Taranto: possibili scenari dopo dimissioni Cda
Il consiglio di amministrazione dell’Ilva, ha stabilito di lasciare l’incarico in blocco ( atto annunciato al termine di una riunione negli uffici di Milano) dopo che il gip di Taranto, aveva disposto un sequestro record; tutto ciò ha creato molta attenzione dell’opinione pubblica tarantina.
Di conseguenza, dopo tale evento, il futuro del più grande stabilimento siderurgico d’Europa si fa più ambiguo, soprattutto per la sorte dei sui lavoratori ( 24 mila posti di lavoro dislocati in varie sedi, oltre ai 40mila considerando l’indotto).
Tutto ciò, ha portato ad esprimere il ministro dello Sviluppo, Flavio Zanonato, chiedendo “«una forte assunzione di responsabilità verso il Paese» e asserisce la volontà ferma di stabilire un primo incontro, già nelle prossime ore, tra istituzioni e dirigenti.
Una nota, è stata deliberata dal consiglio dimissionario affermando: «Vista la gravità della situazione e incidendo il provvedimento di sequestro anche sulla partecipazione di controllo di Ilva detenuta da Riva Fire, i consiglieri Bruno Ferrante, Enrico Bondi e Giuseppe De Iure hanno presentato le dimissioni dalle rispettive cariche con effetto la data dell’assemblea dei soci»
il 5 giugno è la data ufficiale dello scioglimento del rapporto.
Nel comunicato, si dichiarano i motivi delle scelte e vengono ricordati gli ultimi sviluppi delle indagini di Taranto, in particolar modo, il sequestro da 8,1 miliardi di euro, disposto dal gip, Patrizia Todisco.
«L’ordinanza – si afferma, nella nota – colpisce i beni di pertinenza di Riva Fire e in via residuale gli immobili di Ilva che non siano strettamente indispensabili all’esercizio dell’attività produttiva nello stabilimento di Taranto. Per tali motivi il provvedimento ha effetti oggettivamente negativi per Ilva, i cui beni sono tutti strettamente indispensabili all’attività industriale e per questo tutelati dalla legge n. 231 del 2012, dichiarata legittima dalla Corte costituzionale».
Nonostante tutto però, il cda ha dichiarato di continuare nella battaglia giudiziaria, dando mandato ai propri legali di impugnare il sequestro sopracitato nella «sedi competenti».
Tutto ciò, ha creato forti tensioni e preoccupazioni, nella citta di Taranto, soprattutto per quelle famiglie, che vivono grazie ai numerosi posti di lavoro, che garantisce il colosso dell’acciaio.
Rocco Palombella, il segretario generale della Uilm, invita il governo di assumere «direttamente la gestione dello stabilimento e di tutti gli altri siti del gruppo siderurgico»; Nichi Vendola, il presidente della Regione Puglia, chiede un intervento del premier Enrico Letta per convocare un tavolo di lavoro fra le parti interessate.
E’ intervenuto anche l’ ex ministro degli Affari regionali Raffaele Fitto (Pdl), che chiede un intervento urgente all’esecutivo per salvaguardare gli interessi delle popolazioni penalizzate da questa crisi e sottolinea dicendo:” che si rischia il crollo di tutto il sistema dell’acciaio del nostro Paese a cui l’Ilva contribuisce annualmente con 10 milioni di tonnellate pari a circa il 40% della produzione nazionale»
Deciso l’intervento di Antonio Gozzi (Federacciai): «Il provvedimento assunto dalla magistratura di Taranto non può che andare nella direzione di voler costringere alla chiusura la nostra più importante impresa siderurgica, che ora si trova oggettivamente, privata delle necessarie risorse finanziarie e della governance, nelle condizioni di dover interrompere il suo funzionamento».