Lo studio è stato svolto da ricercatori di varie università italiane e belghe quali quella di Perugia, la Cattolica di Roma e di Leuven in Belgio.
Hanno partecipato allo studio anche studiosi dell’Istituto Regina Elena di Roma e l’Ebri centro di ricerca intitolato a Rita Levi Montalcini.
I sorprendenti risultati della ricerca italo-belga sono stati resi dal famoso tabloid scientifico Cancer Research.
I ricercatori sono riusciti a scoprire che le peptide, composti chimici presenti anche in alcuni elementi come verdure e agrumi, riescono a riattivare una preziosa proteina presente nell’essere umano la p53.
La proteina p53 ha delle caratteristiche importantissime che consentono di combattere efficacemente il cancro.
La p53 ha la capacità di distruggere le cellule malata colpite dal cancro.
Fabiola Moretti, direttrice del team di studiosi che è riuscito a compiere questa importantissima ricerca, ha chiarito che: “Questa peptide non funziona sulle cellule sane, ma solo su quelle tumorali che sono come una macchina accelerata. Attivando la p53 aumentiamo a tal punto la velocità della macchina che la cellula muore, ma senza danneggiare le cellule sane”.
La proteina p53 ha una funzione importantissima nel nostro corpo riuscendo a controllare la salute delle cellule.
Se la proteina p53 funzionasse perfettamente, grazie anche alla sostanza chimica peptide, sarebbe difficilissimo essere colpiti dal cancro.
La proteina p53 era già nota per le sue funzioni ai ricercatori già da parecchi anni ma mai si era riuscito a scoprire che le peptide riuscissero a garantirne il perfetto funzionamento.
La preziosa proteina riesce a curare cellule colpite da tumori molto diffusi come quelli al seno, ai polmoni le leucemie e il cancro al cervello, il glioblastoma.
La ricerca degli studiosi italo-belgi ha individuato una sostanza in grado di curare le cellule colpite dal cancro.
Ora però viene per i ricercatori la parte più difficile, produrre e testare un farmaco che possa essere commercializzato al più presto e che non abbia controindicazioni.
La dottoressa Fabiola Moretti ha affermato che: “Questa scoperta potrebbe essere davvero la svolta. Stiamo già ricevendo lettere e richieste da parte dei pazienti, ma per arrivare alla formulazione di un farmaco ci vorrà ancora del tempo”.