Le 24 persone sono state, dai ricercatori americani, sistemate in diversi ambienti alcuni con elevata concentrazione di anidride carbonica altre in stanze più arieggiate dove l’aria che respiravano era molto più ricca di ossigeno. I ricercatori hanno potuto constatare che i risultati dei lavoratori erano nettamente migliori negli uffici dove l’aria era ricca di ossigeno con prestazioni maggiori del 61% o addirittura del 101%.
Invece, i volontari che hanno lavorato in condizioni più precarie con le finestre nella stanza che non venivano quasi mai aperte diminuivano le loro prestazioni lavorative quasi del 50% ed erano molte volte incapaci di avere un rapido potere decisionale. La normativa di legge prevede che ci sia un limite di anidride carbonica presente nell’aria negli uffici che sia valutata intorno alle 5 mila parti per milioni.
Joseph Allen, uno dei ricercatori che ha portato a termine lo studio ha così commentato i risultati: “Trascorriamo il 90% del tempo in ambienti chiusi e il 90% del costo di un immobile sono gli occupanti. Eppure la qualità dell’ambiente e il suo impatto sulla salute e sulla produttività sono questioni troppo spesso messe da parte. Questi risultati suggeriscono che anche modesti miglioramenti alla qualità ambientale possono avere un profondo impatto sul processo decisionale e sulle prestazioni dei lavoratori”.