Gianluca Paparesta, the day after. Ovvero il giorno più lungo da quando non è più il presidente della squadra di calcio del Bari, rompe il silenzio con una lettera rivolta ai tifosi, ai baresi, a tutta la città. Affida alla scrittura il “dietro le quinte” di come è davvero andata la vicenda, dalla ricerca affannata per inseguire investitori fino al suo addio con il cambio di presidenza. Chiede scusa ai tifosi per aver sbagliato ed affranto ammette: “Ho sbagliato per un eccesso d’amore verso i baresi, Bari e il Bari”.
Riportiamo il testo integrale della sua lettera:
“Ogni storia, meravigliosa o normale, straordinaria o comune che sia, ha sempre un inizio e una fine. La mia storia con il Bari si è chiusa ieri. Passione, caparbietà, idee, sforzi economici non hanno potuto nulla contro il duro muro della realtà.
In questa storia non c’è un lieto fine, ma un insegnamento sì.
Se ho sbagliato, accompagnato da quell’ottimismo che mi ha fatto esporre ben oltre misura anche economicamente, ho sbagliato per un eccesso d’amore verso i baresi, Bari e il Bari.
Da oltre due anni la mia continua ricerca di grandi investitori in grado di sostenere e completare un progetto ambizioso, ma contemporaneamente degno di Bari, della sua meravigliosa tifoseria, della sua più che centenaria tradizione, si è incanalata lungo una strada sempre più tortuosa. Ho cercato ovunque con accuratezza, pazienza e attenzione, ma la ricerca è stata vana. Imprenditori locali, indiani, magnati russi, persino i malesi di Datò Noordin: niente da fare. Scusatemi, se potete.
Troppo facile e comodo adesso scaricare ogni responsabilità su Datò Noordin e sulla sua advisor. La mia coscienza mi impedisce di farlo perché in lui e nella sua famiglia, nell’ambasciatore del suo paese, nel giovanissimo ministro dello sport del governo malese, nei sovrani del Perlin, nella gente che mi ha accolto a braccia aperte in Malesia, ho rivisto quel mio stesso traboccante entusiasmo accompagnato da documenti e certificazioni a comprovare quella disponibilità economica necessaria a realizzare un grande sogno.
Non sono un visionario e nemmeno uno sciocco.
Con calma nei prossimi giorni ragguaglierò sulla mia posizione, racconterò il travaglio di quel bonifico così atteso, ma mai arrivato, mostrerò i capisaldi su cui si basavano le mie certezza e perché ho ritenuto e tuttora ritengo mister Datò Noordin una grande opportunità per il Bari e Bari.
Avrei potuto sfruttare cavilli giuridici per prendere ancora tempo e cercare di salvare in qualsiasi modo, soprattutto la mia esposizione economica, mettendo però a rischio la società, ma credo sia giusto, dopo aver adottato una delibera che prevede una cospicua dotazione di capitale per una gestione sana ed efficiente di una squadra di calcio come il Bari, di lasciare spazio a chi mi auguro possa fare meglio di me.
Siamo alla fine della storia.
Mi sono dimesso da presidente del Bari Calcio.
Il mio cuore trabocca di tristezza, la mia anima è invasa dal dolore, ma la mia coscienza è serena. Grazie è l’unica parola che posso dire a chi ha lavorato con me e per me, altre parole non avrebbero significato.
Grazie è l’unica parola che posso dire ai tifosi che per due anni consecutivi mi hanno reso orgoglioso di essere il presidente della squadra più seguita ed amata della Serie B. Altre parole sarebbero superflue. Ai miei tifosi, a tutti i tifosi voglio dire che MAI, dico MAI, li ho ingannati, né tanto meno mi sono preso gioco di qualcuno”.