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Scontro treni Corato –Andria, due soccorritrici prima raccontano la storia del ritrovamento di una mamma e di una figlia abbracciate poi dicono la verità

Bari centrale, nel silenzio assordante lo straziante urlo di dolore del fischio dei treni in ricordo della tragedia sulla Andria –Corato, il video

Un attimo e poi il buio, ventitrè persone morte il bilancio dell’incidente accaduti lo scorso 12 luglio nelle campagne tra Corato e Andria.

Due treni modernissimi della Bari Nord si scontrano e si capisce subito che è una strage.

Tantissimi sono i soccorritori che arrivano sul posto per aiutare le persone rimaste intrappolate tra le lamiere.

Una storia, raccontata proprio da due soccorritrici, commuove il mondo: tra i 23 morti ci sono una madre e una figlia di soli due anni e mezzo.

Una delle due soccorritrici racconta che: “Erano contro un ulivo, la mamma con il suo corpo proteggeva la bimba piccola ed erano in posizione fetale. Sono le prime che ho trovato, in mezzo a teste, braccia, mezzi busti sparsi ovunque sotto gli ulivi”

In un’altra intervista ad un giornalista della Repubblica le due soccorritrici hanno dichiarato: “Non si può raccontare quella scena. Solo chi è mamma, chi è genitore può capire in quel momento cosa si è provato. Era a terra vicino a un ulivo. La mamma era sul fianco destro, scusate volevo dire sinistro. Adesso stiamo realizzando cosa è successo”.

Ma nell’elenco delle persone morte quel maledetto giorno che ha per sempre segnato la vita di numerose famiglie baresi non è mai figurato il nome di una bambina di 2 anni e mezzo.

La vittima più giovane dello scontro tra i due treni è stato Antonio Summo, un ragazzo di 15 anni.

Una delle due soccorritrici racconta finalmente la verità:  “Io e la collega siamo state tra le prime ad essere arrivate sul posto, essendo partite da Corato. Mentre attraversavamo i binari, grazie a una scala messa a disposizione dai Vigili del Fuoco, ci invitavano a non procedere, perché stavano coprendo una mamma e una figlia trovate abbracciate. È vero, ci siamo fidate in maniera ingenua di chi ce lo raccontava. Erano in tanti, tutti con la stessa versione. Ci abbiamo creduto, non avremmo dovuto. Siamo rimaste colpite da quella scena e l’abbiamo fatta nostra, raccontandola davanti alle telecamere”.

La donna racconta di avere ora paura:  “Non voglio neppure uscire di casa.  Ricevo insulti e telefonate, qualcuno vorrebbe fossero presi provvedimenti disciplinari nei nostri confronti. Sto malissimo, mi creda. Non ha idea di come ci si possa sentire».