Una decisione che farà molto discutere quella di un notissimo ingegnere che ha scelto il suicidio assistito in una clinica Svizzera.
Aveva 62 anni e soffriva di depressione. L’uomo era rimasto solo dopo la morte della madre. In paese ad Albavilla lo conoscevano tutti.
L’ingegnere Brambilla era una persona nota e stimata: “Lavorava in uno studio importante, era un professionista di valore, particolarmente dotato”.
L’uomo viveva con i genitori e con il fratello minore e non aveva mai avuto una storia importante. Subito dopo la morte della madre: “È entrato in crisi, almeno in apparenza senza che ci fosse un motivo particolare. Non ha più lavorato, ha tagliato i ponti quasi con tutti. Si vedeva ancora in giro qualche volta, ma non era più quello di prima”.
All’ingegnere erano morti prima il padre, poi il fratello e infine la madre ed era rimasto solo aveva solo alcuni parenti in Toscana.
Nell’ultimo suo viaggio in Svizzera l’ingegner Brambilla si è fatto accompagnare da un amico fidato.
Emilio Coveri, presidente di Exit-Italia, ha così commentato la morte dell’ingegnere: “Siamo molto contenti perché questo caso attesta che anche la depressione, in certi casi ovviamente, è paragonabile a qualsiasi altra malattia. Riceviamo ogni settimana 90 telefonate di richieste di informazioni e nel 30% dei casi si parla di malati psichici. La legge elvetica, per stabilire chi possa accedere al suicidio assistito, non fa riferimento a un elenco di patologie ma in generale a una malattia grave irreversibile, clinicamente accertata e senza possibilità di guarigione. A nostro avviso in determinati casi la malattia psichica ha questi requisiti».