Alla fine sono riusciti a incastrarlo: a uccidere Yhoana Arteaga, la 12enne trovata morta il 10 agosto scorso nel camper in cui viveva con la madre e due fratellini, è stato il 45enne vicino di casa Roy D. Coons che fin dai primi momenti, mentre i sospetti si concentravano su di lui – anche alla luce di un passato criminale costellato da una trentina di condanne – aveva negato spudoratamente qualunque coinvolgimento nella vicenda. Ora, a un mese e mezzo dall’assassinio, la prova del Dna non gli ha lasciato scampo e lunedì Roy è stato arrestato con le accuse di omicidio, tentato stupro e furto.
Il 10 agosto Yhoana non era andata a scuola per via di un infortunio alla gamba ed era rimasta sola nella casa di Goodlettsville, nel Tennessee. Il suo ultimo segnale di vita era stato un messaggio inviato alle 17.30 alla mamma in cui diceva: «Qualcuno sta bussando alla porta». Poi più nulla. Quando alle 18.45 la madre era tornata a casa con gli altri figli, un ragazzino di 14 anni e una bimba di 10, aveva trovato Yhoana senza più vita, strangolata, sempispogliata e con lividi e graffi intorno al viso e al collo, emorragie e contusioni in tutto il corpo. Un’aggressione brutale e violentissima, tanto da far dire al medico che ha effettuato l’autopsia che quelle immagini lo avrebbero perseguitato per sempre, mentre il sergente di polizia David Kautzman sostiene di non aver mai visto una simile brutalità in tutta la sua carriera.
Fin dalle prime ore la polizia si era dichiarata convinta che Yhoana conoscesse l’assassino e gli avesse aperto lei stessa la porta, visto che non era stato riscontrato alcun segno di effrazione. Roy, che viveva lì da dieci anni, era finito inevitabilmente tra i sospetti, ma lui negava decisamente: ora il Dna lo ha smascherato e spedito dietro le sbarre. Questa volta, per quanto possa implorare, non ci sarà nessuno ad aprirgli la porta.