Sanità choc, muore dopo il trapianto: “Il cuore era di un cardiopatico”
Doveva sottoporsi a un trapianto di cuore, un intervento da effettuare senza troppa urgenza, che gli avrebbe permesso di vivere a lungo.
Per un errore medico macroscopico, la stessa operazione lo ha condannato a morte: i dottori gli hanno impiantato un cuore malato, che apparteneva a un paziente cardiopatico, deceduto per infarto. La vittima è un cinquantacinquenne romano.
Quando lo hanno chiamato dall’ospedale San Camillo di Roma, dicendogli che c’era un cuore disponibile, Mauro – il nome è di fantasia – era in villeggiatura con moglie e figli. La vacanza è stata interrotta: la famiglia è tornata di corsa in città, mentre l’equipe che lo avrebbe operato volava a Milano, al San Raffaele, per prendere l’organo da impiantare.
Due giorni dopo l’intervento, però, il paziente è morto per insufficienza cardiaca. Dall’autopsia è emerso che gli avevano impiantato il cuore di un uomo appena deceduto per scompenso cardiaco. È successo l’autunno scorso. Il procuratore aggiunto di Roma, Nunzia D’Elia, e la pm Claudia Alberti, hanno aperto un fascicolo per omicidio colposo, ma hanno trasmesso gli atti nel capoluogo lombardo. Per gli inquirenti, infatti, la responsabilità del decesso sarebbe imputabile alla commissione medica che, a Milano, ha dichiarato l’organo idoneo per il trapianto.
Al consulente dei pm sono bastate poche verifiche per accorgersi che il cuore era stato espiantato da un sessantenne con problemi ischemici. Gli accertamenti successivi hanno ricostruito il resto: era morto di infarto. I medici lo avevano rianimato, anche se era stata dichiarata la morte cerebrale. Il cuore aveva ripreso a battere, ma era irrimediabilmente compromesso.
Il cuore espiantato ad un cinquantenne presso l’ospedale S.Raffaele di Milano e poi impiantato in un paziente sessantenne successivamente deceduto al S.Camillo di Roma, era stato oggetto di esame ecocardiografico al San Raffaele ed era risultato in condizioni ottimali per il trapianto. Stesso esito è derivato pure dall’esame di coronografia effettuato sempre a Milano. Lo ha precisato il direttore della cardiochirurgia del San Camillo, Francesco Musumeci.