Con 1500 euro uno stalker si toglie il pensiero. Non importa quanto pesante e ossessiva sia stata la sua attività persecutoria: questa è la cifra ritenuta congrua per il risarcimento della vittima. Il prezzo dei giorni segnati dall’angoscia. O di una scopa elettrica.
O di un mediocre televisore al plasma. E poco importa se lei, la vittima, rifiuta l’indennizzo ritenendolo offensivo e tutto meno che congruo. La cifra, intesa come condotta riparatoria, va accettata comunque ed estingue il reato.
Scatena un putiferio uno dei primi casi di applicazione dell’istituto sulla giustizia riparativa, introdotto il 4 agosto scorso, che sembra ridicolizzare il tariffario per essere assolti da uno dei reati più odiosi. Ma non c’è niente da ridere.
Quella che chiameremo Graziella è una ragazza di 24 anni, residente al confine fra le province di Torino e Asti. Daniele Simone, 39 anni, è l’uomo da lei denunciato per “atti persecutori” in base all’articolo 612 bis.
Negli atti giudiziari si legge la storia di un inseguimento di due mesi da parte dello stalker, a casa di Graziella e del suo fidanzato, chiusa con la richiesta di rinvio a giudizio. Si procede per rito abbreviato.
Durante l’udienza l’imputato offre 1500 euro come risarcimento del danno, la parte lesa rifiuta e il gup Rosanna La Rosa le impone invece di accettare disponendo il deposito della somma su un libretto intestato alla donna.