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Niccolò ucciso in discoteca di Lloret de Mar, parole choc alle “Iene” di un aggressore: “Non mi sento in colpa”

«Non mi sento in colpa per quello che è successo e per la morte di quel ragazzo». Lo ha detto Khabiboul Khabatov, 20 anni, uno dei tre ceceni indagati dalla magistratura spagnola per l’omicidio di Niccolò Ciatti, il 22enne di Scandicci (Firenze) ucciso questa estate in una discoteca di Lloret de Mar. Khabatov è stato intervistato nella sua casa di Strasburgo da Veronica Ruggeri, inviata delle ‘Iene’.

Il ventenne ceceno, che indossava la stessa maglietta rosa che aveva la notte in cui avvenne il pestaggio di Niccolò, ha raccontato la sua versione dei fatti su quanto avvenne all’interno della discoteca St. Trop. “In discoteca non siamo entrati per divertirci ma per parlare di lavoro – ha detto -. Appena entrati siamo passati vicini al gruppo di Niccolò Ciatti e uno di loro ha spinto il piccolo Vandam”.

Vandam è il soprannome di Rasul Bisultanov, 24 anni, il ceceno che sferrò il calcio alla tempia del giovane di Scandicci ed è l’unico dei tre ceceni ancora in carcere in Spagna. Khabatov e Mosvar Magamadov, conosciuto come “quello con la maglietta rossa”, entrambi immortalati dalle immagini delle telecamere di sicurezza della discoteca, vennero fermati e rilasciati dopo quattro giorni.

“Niccolò li ha spinti senza un motivo, così Rasul e Niccolò hanno iniziato a picchiarsi – ha detto Khabatov -. Il mio amico ha cercato di calmarlo ma è stato accerchiato dagli amici di Ciatti. Era solo, si sentiva minacciato e ha iniziato a picchiarli”. Khabatov ha ribadito che Rasul era sotto effetto di droghe e alcool e “probabilmente per questo ha perso il controllo” e ha puntato il dito contro gli amici di Ciatti, affermando che “quando Niccolò è caduto a terra lo hanno lasciato lì e nessuno si è avvicinato: i suoi amici dovevano intervenire quando è iniziata la rissa”.

“Certo è una tragedia che una persona sia morta – ha concluso -. Quando eravamo in caserma abbiamo pensato che sarebbe stato meglio se fosse morto uno di noi. Adesso sono come uno zombie, non sorrido più, non alzo più lo sguardo, mi limito a guardare per terra”.