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Marco Travaglio spiega, Così hanno truffato Di Bella, il suo metodo è stato sperimentato usando farmaci scaduti e dosi errate

Torniamo sul tema controverso della validità del metodo Di Bella per la cura dei tumori con una cura non invasiva che non è la chemioterapia.

Ora il professore Di Bella è morto ma il suo lavoro lo stanno egregiamente portando avanti i suoi figli e da un po’ di tempo si sta parlando insistentemente della validità del metodo e di come sia stato boicottato.

Il figlio del professore Di Bella, il dott. Guseppe Di Bella sta curando tante persone che si rivolgono a lui non volendo farsi curare con la chemioterapia.

Negli anni 90 questa terapia fu sperimentata e il risultato fu fallimentare ma pare che questa sperimentazione sia stata boicottata.

Sull’argomento importantissimo è intervenuto anche il giornalista Marco Travaglio che ha scritto un articolo su Repubblica dove dice così: “La sperimentazione della cura Di Bella sarebbe viziata da gravi irregolarità. Peggio: alcuni dei 386 malati di cancro che provarono la “multiterapia” (Mdb) del medico modenese sarebbero stati usati come cavie, trattati con farmaci “guasti e imperfetti”, non si sa con quali effetti sulla salute. E l’ Istituto superiore di Sanità, pur sapendolo, non avrebbe avvertito 50 dei 51 ospedali d’ Italia che sperimentavano i protocolli. Sono queste le conclusioni della lunga e minuzionsa indagine aperta due anni fa dal procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello, in seguito ad alcune denunce, sulla sperimentazione nei 4 “centri di riferimento” di Torino (Molinette, San Giovanni antica sede, Mauriziano e Sant’ Anna) e nei 4 della provincia (gli ospedali di Chivasso, Orbassano, Chieri e Cirè). Un’ indagine che non entra nel merito dell’ efficacia o meno della cura, ma si limita ad analizzare la regolarità della sperimentazione. Quattro gli accusati, tutti dirigenti dell’ Istituto superiore di sanità (Iss): Roberto Raschetti e Donato Greco, coordinatori della sperimentazione del 1998, Stefania Spila Alegiani, responsabile dei preparati galenici, ed Elena Ciranni, che curava i rapporti con i vari centri clinici. Grave l’ ipotesi di reato: “somministrazione di medicinali guasti o imperfetti” (punibile, secondo l’ articolo 443 del codice penale, con la reclusione fino a 3 anni).”

E’ emersa una realtà ben diversa da quella che hanno voluto farci credere. Speriamo che i figli del professore Di Bella continuino a portare avanti le scoperte del padre.