In poco meno di due settimane il M5S ha recuperato di circa due punti percentuali le sue quotazioni tra gli elettori.
Certamente un po’ di merito va al cambio condotta assunto dopo il vertiginoso calo post elettorale nei consensi, dall’incontro con Il Presidente della repubblica al Restitution Day, un po’ è dovuto anche al momento caotico che il PD sta attraversando.
Non è un caso che alla ripresa dei consensi del M5S, giunto in meno di 15 gg al 19,2%, corrisponda un calo, nella medesima misura, del PD che si ferma al 26,6%.
Questo è il quadro rilevato dal sondaggio di EMG andato in onda sul TG La7. Tanto sta anche a dimostrare che c’è una parte dell’elettorato che si sposta come un’onda da una parte all’altra, a seconda della “simpatia” politica del momento. Chi trae maggior beneficio da questa situazione è il PDL che si attesta primo partito nel nostro Paese con il 27,2%.
Il momento tormentato del PD è dovuto a quanto accaduto con il caso Shalabayeva.
Mercoledì sera il PD ha tentato di calmare un po’ le acque dichiarando che la segreteria del Pd «ha convenuto che il governo deve proseguire nell’opera di risanamento e per dare le risposte di cui il Paese ha bisogno».
Questo è il motivo per cui «non potranno essere votate le mozioni delle opposizioni contro il governo», ciò implica anche uno stand by sul vicepremier Angelino Alfano, ma «resta aperto il problema di come ridare credibilità alle istituzioni».
Anche vecchie glorie di partito fanno sentire la loro voce: l’ex segretario dei Ds Massimo D’Alema ha detto che è una «vicenda che finisce per colpire e indebolire la forza del Governo. Chi si è reso protagonista di questa vicenda se ne assumerà le responsabilità, ma in questo momento provocare una crisi di Governo sarebbe irresponsabile. Se io fossi il ministro dell’Interno Alfano andrei dal presidente del Consiglio e rimetterei le deleghe».
Altro carbone sul fuoco lo mettono i Renziani, che allargano non di poco la frattura già presente all’interno del PD. I senatori renziani con una lettera hanno così informato della loro condotta: «La posizione del ministro Alfano è oggettivamente indifendibile – secondo il vicecapogruppo del Pd a Palazzo Madama, Stefano Lepri, e altri 12 senatori vicini al sindaco di Firenze -. Chiederemo al Pd, nella riunione dei gruppi giovedì, di sostenere la richiesta di dimissioni del ministro».
Dal suo canto Renzi, dal proprio blog, commentava: «Se preferiscono perdere le elezioni pur di mantenere una poltrona, va bene.
Ma ci facciano la cortesia di non strumentalizzare una vicenda di cui come italiano mi vergogno.
Se scelgono questa vicenda per regolare i conti tra le correnti del Pd, mi vergogno per il Pd». Continua ancora il Sindaco di Firenze: «Nei palazzi romani non c’è proprio nessuno che voglia tornare alle elezioni, nemmeno tra i parlamentari delle minoranze. Insomma se cade Letta, non si vota. Se anche si formasse un nuovo Governo non sarei io candidabile, se andrò a Palazzo Chigi un giorno, ci andrò forte del consenso popolare non di manovre di Palazzo».
Il nostro premier poco prima, da Londra dove si trova in visita ufficiale, dichiarava «Nessun problema non Renzi, ci siamo parlati. Sarò in Senato venerdì». Sul caso del dissidente kazako ha precisato che dalla relazione di Pansa «emerge l’estraneità di Alfano dalla vicenda. Non ci devono essere ombre e dubbi.
La stabilità politica è necessaria, altrimenti sarà impossibile ottenere la ripresa». Nell’attesa di apprendere chiarimenti in merito alla questione Alfano, nel corso della riunione dei senatori di giovedì alle 13.00, sarà presa in considerazione la mozione presentata dal M5S e SEL circa la sfiducia verso Alfano. Ma non dovrebbero emergere novità dopo il confronto di mercoledì.
Alla riunione ci sarà certamente il segretario del partito, Guglielmo Epifani. Il voto è previsto per venerdì, come anche alla Camera. Chi non demorde sono i renziani che ritengono che le interviste rilasciate dal prefetto Giuseppe Procaccini, ex capo di gabinetto del ministro dell’Interno, sono una prova del fatto che «Alfano sapeva».
Gentiloni, dichiara anche che «La posizione del ministro è sempre meno sostenibile».
Ma non solo i renziani vogliono che Alfano lasci la carica che gli è stata conferita: il deputato Pd, Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria del partito vicino a Massimo D’Alema, ha chiesto ad Alfano di far appello alla «sensibilità istituzionale» e dunque di dimettersi. Anna Finocchiaro sostiene che «sarebbe atto responsabilità istituzionale se Alfano rimettesse la sua delega nelle mani del premier». Maurizio Gasparri, Pdl, vicepresidente del Senato, controbatte: «La proposta della senatrice Finocchiaro è un’autentica provocazione da respingere con sdegno.
Alfano deve assolutamente proseguire la sua azione nel governo».Intanto, il PDL fa scudo introno ad Alfano. Schifani commenta: «Il ministro Alfano martedì ha informato il Parlamento della relazione del capo della polizia Pansa, da cui si evince che era stato tenuto all’oscuro sulla vicenda kazaka . Alfano non si deve dimettere e non si dimetterà». Continua il senatore: «Se qualcuno nella maggioranza vuol fare cadere il governo Letta, esca allo scoperto e se ne assuma la responsabilità».
Non diverso il commento di Renato Brunetta: «Noi non ci stiamo a questo gioco al massacro che va contro gli interessi nazionali ed internazionali dell’Italia. Noi chiediamo che il Partito democratico, l’altro partner della coalizione, si assuma tutte le sue responsabilità».
E la Lega Nord?
Non voterà a favore della sfiducia, «anche se l’intervento del ministro contiene ancora alcuni punti da chiarire».
Questo è il pensiero espresso dai capigruppo al Senato e alla Camera, Massimo Bitonci e Giancarlo Giorgetti.