Alzheimer la diagnosi precoce è di fondamentale importanza
Nuovo studio sull’Alzheimer svolto da un team di ricercatori dell’università di California negli Stati Uniti d’America che si è basato sulla riserva cognitiva cioè sulla capacità del cervello di riuscire a difendersi da dai danni celebrali.
Sono numerosi gli studi che vengo svolti sul morbo di Alzheimer che ha preso il nome dal suo scopritore, un medico tedesco, che riscontrò questa tremenda patologia in un paziente nel 1906.
Purtroppo dopo più di cento anni dalla sua scoperta non è stato scoperto un farmaco capace di bloccare o addirittura far regredire questa terribile patologia.
Al momento le cure somministrate ai pazienti che hanno contratto il morbo sono solo dei palliativi e non curano la malattia.
L’ Alzheimer è una patologia che colpisce più di 25 milioni di essere umani che solo in Italia conta 600 mila pazienti.
Alcune ricerche hanno dimostrato che nei prossimi anni questa malattia colpirà più di ottanta milioni di persone.
I sintomi dell’Alzheimer sono la difficoltà nel parlare, sbalzi di umore e soprattutto la perdita della memoria e dei ricordi tanto che determina il riconoscere i propri affetti più cari.
Lo studio dei ricercatori dell’università di California, che è stato svolto su 71 pazienti, ha dimostrato che nei soggetti ai quali la patologia si sta formando vi è una reazione del cervello che ha un’attività molto più rapida rispetto ai pazienti sani.
Questo studio, che è stato pubblicato sulla rivista “Nature Neuroscience”, ha dimostrato che la “riserva cognitiva” riesce a contrastare solo inizialmente il morbo di Alzheimer cercando di compensare le mancanze create dal morbo.
La grave patologia si forma quando vi è un accumulo di proteine beta-amiloide che gradualmente eliminano le cellule ed all’inizio il nostro cervello cerca di difendersi aumentando la sua attività.
Su questo nuovo studio si sono espressi due luminari della ricerca sull’Alzheimer la ricercatrice inglese Laura Phipps e il professor William Jagust.
La ricercatrice Laura Phipps del centro ricerche “Ricerca sull’Alzheimer” in Gran Bretagna ha così spiegato i risultati dello studio: “Questo piccolo studio suggerisce che il nostro cervello può avere modi di resistere al danno precoce da proteine, ma sono necessari ulteriori ricerche per sapere come interpretare questi risultati. Studi a più lungo termine sono necessari per confermare se l’attività cerebrale in più, rilevata in questa ricerca, è un segno del cervello per compensare i danni presto, e se sì, per quanto tempo il cervello possa essere in grado di combattere questo danno”.
Il professor William Jagust che da anni studi il morbo d’Alzheimer ha rilasciato la seguente dichiarazione sulla riserva cognitiva: “Penso che sia molto probabile che le persone che trascorrono una vita con attività cognitivamente stimolanti, abbiano cervelli che sono meglio in grado di adattarsi al danno potenziale.”
Il prossimo 21 settembre ci sarà la Giornata Mondiale dell’Alzheimer ed il SIN (Società Italiana di Neurologia) ha auspicato che le ricerche portino ad una svolta nella lotta contro questo terribile morbo in modo che si possa anche cercare di prevenire l’insorgenza.
Il morbo di Alzheimer colpisce le persone che hanno un età superiore ai 65 anni, sono rari i casi di esseri umani che hanno contratto prima la malattia ed in misura maggiore ad essere colpito è il sesso femminile.
Alcune ricerche hanno dimostrato che tenere sempre in esercizio la mente con cruciverba o giochi di società può diminuire la possibilità di insorgenza del morbo di Alzheimer.
E’ importantissimo inoltre cercare di curare il proprio fisico facendo sport o semplicemente delle lunghe rilassanti e salutari camminati.
Alti fattori di rischio per l’insorgenza dell’ Alzheimer sono il fumo, che oltre a problemi al cuore, in molti casi è la causa anche dell’insorgenza del morbo di Alzheimer e il diabete.
Oltre a tenere il cervello e il corpo allenato per cercare di evitare di l’insorgenza dell’Alzheimer bisogna cercare di curare molto l’alimentazione per evitare l’obesità che è una delle probabili cause che provocano il morbo.