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Geolier dal sindaco Manfredi, durissimo il papà di GiòGiò, : “Un impresentabile, mito dell’assassino di mio figlio”

Franco Cutolo, padre del musicista ucciso GiòGiò, esprime forte disappunto per l’omaggio tributato a Geolier, alias Emanuele Palumbo, criticandone la rappresentazione culturale.

Una premiazione sotto il segno della polemica

La cerimonia di premiazione di Geolier, al secolo Emanuele Palumbo, tenutasi nella prestigiosa sala dei Baroni del Maschio Angioino a Napoli, ha sollevato un vespaio di polemiche.

Al ritorno da Sanremo, dove ha ottenuto un lusinghiero secondo posto, il rapper è stato onorato con una targa dal Comune di Napoli.

Tuttavia, Franco Cutolo, regista e padre di GiòGiò, giovane musicista tragicamente scomparso lo scorso 31 agosto per una banale questione legata a uno scooter parcheggiato, non ha nascosto il proprio dissenso. “Mi vergogno che si omaggi questo tipo di rappresentazione. Lo dico da napoletano e da artista”, ha dichiarato Cutolo, manifestando il proprio sdegno attraverso post accesi su Facebook e una dettagliata intervista all’agenzia di stampa Agi.

Critiche all’immagine veicolata da Geolier

Secondo Cutolo, Geolier rappresenta un esempio di successo mediatico non giustificato da meriti culturali o preparazione adeguata.

Il regista partenopeo critica apertamente quello che considera come una “cultura dell’efferatezza”, legata anche al tragico destino del proprio figlio.

Cutolo afferma che Geolier era considerato un idolo dall’assassino di GiòGiò, aggiungendo che la partecipazione del rapper ai funerali e i suoi appelli alla condanna del crimine non bastano a compensare l’influenza negativa delle sue rappresentazioni culturali.

Un appello contro il campanilismo cieco

Franco Cutolo si scaglia infine contro il “campanilismo becero” che spinge a supportare figure come Geolier solo per appartenenza geografica, sottolineando come questa dinamica non dovrebbe giustificare la celebrazione di individui ritenuti “impresentabili”.

La sua critica, dice, non nasce da un atteggiamento classista o da disprezzo per le periferie, ma dalla preoccupazione per il tipo di rappresentazione che viene esaltata e premiata.

La sua posizione, radicata sia nell’esperienza personale legata alla perdita del figlio che nella propria identità di artista e napoletano, invita a una riflessione più profonda sulle figure che vengono elevate a modelli culturali nella società contemporanea.