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Riforma del 2 per mille: emendamento punta a raddoppiare i fondi ai partiti, ma il Colle dice no

Un emendamento al decreto Fisco, proposto da Pd e Avs, mira a modificare il 2 per mille, aumentando i fondi per i partiti. Il Quirinale frena per problemi di metodo e impatto.

La proposta di modifica del 2 per mille

Un emendamento presentato da Pd e Avs e successivamente riformulato dal governo punta a cambiare la gestione del 2 per mille, la quota Irpef che i contribuenti possono destinare ai partiti politici. La novità principale risiede nella riduzione della quota al singolo partito dallo 0,2% al 0,02% dell’Irpef, ma con l’introduzione di una nuova disposizione per le quote non espresse. L’emendamento prevede che le somme non assegnate dai cittadini vengano redistribuite proporzionalmente tra i partiti in base alle preferenze espresse dagli altri contribuenti.

Secondo il testo dell’emendamento, questo sistema porterebbe i fondi destinati ai partiti politici dagli attuali 25 milioni di euro a 42,3 milioni a partire dal 2025. Tra i beneficiari principali figurerebbero Pd e Fratelli d’Italia, i quali vedrebbero aumentare rispettivamente i propri finanziamenti di 5 milioni e 3,3 milioni di euro. Altri partiti come Movimento 5 Stelle, Lega e Forza Italia beneficerebbero anch’essi di un incremento significativo.

Lo stop del presidente Mattarella

Il presidente Sergio Mattarella ha sollevato dubbi sulla fattibilità dell’emendamento, bloccandolo temporaneamente. Secondo fonti del Quirinale, la norma presenta criticità su diversi fronti. Innanzitutto, la proposta appare eterogenea rispetto agli obiettivi del decreto Fisco, che dovrebbe occuparsi di temi urgenti e specifici. Una riforma così rilevante, sostiene il Colle, richiederebbe un provvedimento autonomo e non un emendamento in un decreto legge.

Un altro problema evidenziato è l’impatto sulle finanze pubbliche: destinare somme consistenti ai partiti, senza un chiaro consenso dei cittadini, potrebbe influire negativamente sulla percezione del meccanismo di finanziamento. Infine, si sottolinea che la redistribuzione automatica delle quote non assegnate rischia di interferire con la libertà di scelta dei contribuenti.

Il destino della proposta è ora incerto: eventuali modifiche potrebbero riportarla in discussione, ma con un procedimento legislativo più adatto.